E la danza si nutre del suono e cresce col “rito”…

Il 22 gennaio 2012, presso la sede dell’ Associazione Estro in Via Zambonate a Bergamo, si è svolta una performance artistica collettiva aperta a tutti, quasi un rito che attraverso l’arte ha conciliato la libertà d’espressione e la creatività.
Questo incontro, organizzato da Christian Muela, musicista di didjeridoo, ha visto coinvolti strumenti musicali quali appunto il didjeridoo, le percussioni e la voce, che attraverso una modalità espressiva fortemente tribale, hanno operato nell’alveo della pura improvvisazione. Proprio l’improvvisazione ha giocato un ruolo determinante nel ricalcare, attraverso il suono e la visione della danza, il disegno emotivo di ogni partecipante, ed ha spinto ad una continua ricerca creativa ognuno di noi.
L’intervento legato alla danza Tribal Fusion, svolto da me, ha contribuito a coinvolgere i partecipanti e gli stessi musicisti a tradurre i suoni in immagine, a dare a questo percorso labirintico del suono un filo d’Arianna a cui appigliarsi in ogni momento e quando lo si ritenesse opportuno. Non c’erano nè imposizioni visive nè discorsi di senso, solo la musica e la danza scandivano un tempo che per la durata della performance aveva perso ogni riferimento al presente, fluttuando verso una dolce dimensione atemporale dotata di un proprio spazio audiovisivo.
Questa esperienza mi ha permesso di sperimentare l’ improvvisazione nella danza in maniera nuova: solo ascoltando il proprio corpo in relazione alle emozioni suscitate dalla musica dal vivo e concentrandosi sull’evoluzione di un percorso sonoro costruito sull’immediatezza, anche il movimento può trasmettere la sensazione di un viaggio, di una ricerca, che porta spesso alla scoperta di codici coreutici originali e ad una conoscenza rinvigorita di sè stessi.
Beatrice Secchi